Horticultura, l’innovazione sociale che si sporca le mani

Horticultura, l’innovazione sociale che si sporca le mani

Gli Horti del progetto si trovano in pertinenze “verdi” di Beni Culturali dello Stato: Reggia di Caserta, Parco archeologico di Pompei, il Museo archeologico dell’agro atellano, il museo archeologico dell’antica Capua, Anfiteatro Campano e Mitreo.

(di Ivan Esposito, responsabile comunicazione Horticultura)

Horticultura muove da un’idea già proposta in diverse declinazioni: l’orto, che diventa sede e occasione per apprendere, giocare, socializzare. Esistono orti sociali, orti urbani, orti didattici. Pensati per differenti tipologie di fragilità e di target molto diversi: il sostegno a famiglie indigenti, la riqualificazione delle periferie, la terapia e l’occupazione di persone con disabilità.

L’orto è una modalità operativa feconda e versatile, come dimostrano le esperienze di Legambiente in tutta Italia. Ma Horticultura – ideato da Terra Felix, che nasce da un’esperienza ambientalista nella Terra dei Fuochi – aggiunge un elemento innovativo. Gli Horti del progetto si trovano in pertinenze “verdi” di Beni Culturali dello Stato: Reggia di Caserta, Parco archeologico di Pompei, il Museo archeologico dell’agro atellano, il museo archeologico dell’antica Capua, Anfiteatro Campano e Mitreo.

Localizzare una prassi educativa dinamica, come quella degli Horti, all’interno di contesti di grande rilevanza storico-artistica non significa semplicemente scegliere una “scenografia d’eccezione”, quanto adottare una strategia educativa in cui i “contenuti” – le attività – assorbono tanto dal “contenitore”, cioè da luoghi che continuano a trasmettere conoscenze ed emozioni, se opportunamente avvicinati.

Il patrimonio culturale – che rende unico il nostro Paese nel mondo, per quantità e varietà – ha  affiancato a quella per la tutela, un’attenzione alla valorizzazione della bellezza. In entrambi i casi però non emerge ancora del tutto il suo ruolo civile, in particolare nell’ambito del contrasto alla povertà educativa minorile. I dati dell’Osservatorio Open Polis/Con i Bambini, su questo tema, non a caso evidenziano che una percentuale minima di bambini vive i Beni Culturali, oltre la canonica visita scolastica annuale, che peraltro il Covid-19 ha quasi azzerato.

Le attività di didattica museale sono ricche di opzioni di grande qualità, ma ancora non sono state ancora codificate modalità di fruizione continuative dei BBCC da parte dei bambini e dei ragazzi, accompagnati  dalla scuola o dalla famiglia. Fruire di un museo o di un sito archeologico deve voler dire non solo ascoltare e guardare – cioè ricevere contenuti – ma, in qualche modo, costruire un’esperienza concreta, nell’arco di un ciclo di visite complementari. Il Bene Culturale può diventare così uno dei luoghi del quotidiano, per i giovanissimi prima di tutto e, attraverso di loro, anche per molti adulti non avvezzi a spazi di questo genere.

I 400 bambini di scuola primaria coinvolti da Horticultura – al netto degli adattamenti a cui ha finora costretto il Covid-19 – tornano circa due volte al mese nei quattro siti partner del progetto, per realizzare e prendersi cura dei primi orti didattici museali attivati. Saranno i bambini a raccontare – ai coetanei, ai genitori e ai visitatori – delle piante e dei cibi coltivati, che non sono altro che una nuova e diversa chiave di accesso ai contenuti storico-artistici generali del contesto che li accoglie.

È ancora presto per poter misurare l’impatto di questa nuova impostazione del rapporto tra infanzia e spazi storico-artistici, ma alcuni elementi importanti sono già emersi. L’orto museale didattico supera l’episodicità e la monodimensionalità delle fruizioni museali riservate in genere ai bambini, perché in questo caso si struttura un percorso articolato e continuativo, in cui vengono coinvolte anche competenze STEM e abilità manipolative. Il museo diventa anche il luogo degli esperimenti scientifici e, soprattutto, dell’imparare facendo. In più, il sito stesso diviene più accogliente ed inclusivo grazie a un nuovo spazio vivo e funzionale alla didattica, aperto a sperimentazioni educative e divulgative.

Un orto museale fa bene a tutti.

 

fonte: https://www.huffingtonpost.it/entry/horticultura-linnovazione-sociale-che-si-sporca-le-mani_it_60d30617e4b052e474fc2149 



Il Fondo per l’Innovazione  Sociale (F.I.S,) prevede un Programma triennale che finanzia progetti innovativi  di amministrazioni locali (comuni capoluogo e città metropolitane) nei settori dell’inclusione sociale, dell’animazione culturale e della lotta alla dispersione scolastica.

 

L’iniziativa del Dipartimento della Funzione Pubblica intende  promuovere e guidare processi di innovazione sociale grazie a  progettualità sviluppate dal basso, in grado di accompagnare e validare modelli di intervento tali da fornire risposte più efficaci rispetto ai bisogni dei cittadini e più efficienti rispetto all’allocazione e all’utilizzo delle risorse pubbliche anche con il coinvolgimento di attori e finanziamenti del settore privato, secondo lo schema della finanza di impatto.